martedì 27 marzo 2012

LA SINDROME DI IAGO


ovvero

LA NATURA DELLO SCORPIONE

di Stefano Molinari




Parecchi anni fa, guardando la televisione, ascoltai una delle affermazioni più tragicamente rivelatrici sulla natura umana. La sua tragicità stava in una paradossale ambiguità, perché appariva nello stesso tempo stupefacente e ovvia.

Chi parlava era Orson Welles, in un'intervista che riguardava il suo "Otello", film del 1952 interpretato da lui stesso, sicuramente una delle più superbe traduzioni cinematografiche della tragedia shakespeariana.

Fino a quel momento, pur ammirando questa tragedia per la formidabile tensione drammatica, la sua struttura psicologica non mi convinceva. In primo luogo per il comportamento di Otello, che si affida ciecamente alla testimonianza di Iago, un suo ufficiale, per condannare (e senza una giusta verifica) la fulgida Desdemona, sua adorata moglie, e il valoroso Cassio, suo luogotenente. Ma anche il comportamento di Iago mi lasciava perplesso: il suo odio non è suffragato dai motivi dichiarati a Roderigo (il vago sospetto di una relazione tra sua moglie Emilia e Otello, e l’invidia per la carriera di Cassio). Questi motivi, appena accennati, paiono piuttosto pretestuosi: Iago di fatto non ha un valido e sicuro e sofferto motivo di architettare la rovina di Otello, che gli ha sempre dimostrato benevolenza. E per soprammercato Iago non si limita a colpire Otello, ma ordisce una trama che implica la fine di altre due persone: Desdemona (che muore) e Cassio (che sopravvive a stento).

Tutto il dramma ruota intorno al concetto di "onestà": la finta onestà di Iago, contrapposta alla profonda onestà di Otello, di Desdemona, di Cassio, che cadono malaccortamente nella rete tessuta dalla malizia di Iago. Così, nella valutazione dei personaggi di questa tragedia, viene spontaneo confrontare la loro intelligenza. Per la cecità con cui Otello cade in questa rete, alla fine appare un pazzo, come lo definisce Emilia: cioè uno sprovveduto, uno sciocco. Mentre Iago viene guardato come un uomo di sottile, anche se perversa, sagacia. Insomma, qui sembra che il quoziente intellettuale del male superi quello del bene. D’altronde è molto frequente, quasi un cliché, la rappresentazione "astuta" del malvagio, dotato di straordinarie abilità strategiche e tattiche: tanto che comunemente si definisce "diabolica" un'intelligenza sopraffina.

Ma ecco che Orson Welles, quasi mi avesse letto nel pensiero, diede una soluzione semplicissima ai miei dubbi. Disse a un di presso: Otello non considera neppure l'ipotesi che Iago gli menta, perché nella sua profonda onestà non può concepire che esistano persone simili, capaci delle più orribili azioni per il puro desiderio di offendere, di nuocere, di annientare, di fare del male... Noi pensiamo che personaggi come Iago si trovino solo a teatro o al cinema... invece basta uscire di casa per incontrarne a dozzine!

Queste parole mi colpirono profondamente (ero ancora giovane), proprio per la loro sorprendente evidenza: “ah, verissimo!”, mi dissi. Anzi, terribilmente ovvio. Questa brutta gente, di tale insensata malvagità, esiste, e ce n'è pure tanta. Gente che agisce contro il prossimo neanche per un vantaggio (Iago stesso farà una fine orribile, e certo avendolo messo in conto), ma per l'insopprimibile bisogno di fare del male. E - attenzione! - non bisogna confondere questa tendenza con il sadismo, che è una perversione più onestamente dialettica. No, Iago non desidera tanto infliggere dolore per un'istanza erotica o passionale, comunque pulsante e vitale. Anzi, l'assoluta ripugnanza della sua azione deriva dalla totale mancanza di erotismo. Il suo è un male sterile, atrocemente vacuo, di desolata imbecillità.

Vien fatto di pensare all'apologo della rana e dello scorpione. Ripassiamolo con l'ausilio di una canzone degli 883: "La rana e lo scorpione", dell’album "Grazie mille" (1999).




Iago agisce esattamente nello stesso modo: il desiderio di annientare è più forte dello stesso istinto di sopravvivenza. Perché Iago-scorpione non ha una vera esistenza, non combatte per la propria personalità, ma per il non-essere del prossimo. Iago infatti non desidera realmente vendicarsi di Otello, di Desdemona, di Cassio... Iago desidera l'annullamento dei valori positivi di cui questi personaggi sono particolarmente dotati: magnanimità, bellezza, intelligenza, energia, onestà. Iago è la quintessenza del male: la volontà di negazione dei più pregiati e deliziosi valori umani. Iago è il traditore per eccellenza, perché è il traditore delle virtù fondamentali: il perseguimento del bene, della libertà,  dell'intelligenza, dell'affetto, della solidarietà... Iago è l’avversario della civiltà.

Osservando la sempre più trista, decadente e fallimentare indole di questo mondo, ripenso spessissimo alla figura di Iago e alla terribile spiegazione di Orson Welles, e mi domando: perché gente di questa risma ha in mano le sorti del pianeta?

Mi è capitato alcuni giorni fa, iniziando a leggere un libello allegato a "Il fatto quotidiano", intitolato "Marchionnemente", raccolta di scritti di autori vari sull'inquietante vertenza della Fiat. L'introduzione di Antonio Padellaro cita un passo di un saggio di successo, "Comandare con gentilezza" di Baker e O'Malley (Aliberti editore 2011), che inizia così: "Negli anni Ottanta Robert Nuslott, l'amministratore delegato della FMC di Chicago affermò: «La leadership si manifesta nel momento in cui è confermata l'abilità di infliggere dolore»" (appena letta questa frase non ho potuto fare a meno di mormorare "ma vai a cagare, coglione!").

Purtroppo, le recenti vicissitudini della politica e dell'economia (che surrettiziamente si vanno identificando) avvalora la domanda precedente. I nuovi leader mondiali lasciano ormai trapelare il loro delirio di onnipotenza, mostrandosi come supremi burattinai, capaci di manipolare nazioni e popoli, con finti e fasulli valori (possibile che la ricchezza del mondo finanziario sia assai più grande di quella del mondo reale?). Sembrano molto intelligenti, sembrano degli illuminati... Ma probabilmente sono solo abili illusionisti, che indulgono a giocare con il mondo, come il Grande Dittatore di Chaplin, con la sua tragicomica velleità:




Ma forse sono pure peggio: sono un gruppo di squallidi Iago-scorpioni, consciamente votati alla rovina del pianeta. Vale a dire la quintessenza della stupidità.

Il male infatti, contrariamente alla sua arguta apparenza, è essenzialmente stupido. Per questo Dante, nell'ultimo canto dell'Inferno (XXXIV, 53-54), dipingendo il trino volto di Satana, "lo 'mperador del doloroso regno", vi fissa un'espressione di desolata imbecillità:

Con sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.


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