ovvero
LA NATURA DELLO SCORPIONE
di Stefano Molinari
Parecchi
anni fa, guardando la televisione, ascoltai una delle affermazioni più
tragicamente rivelatrici sulla natura umana. La sua tragicità stava in una
paradossale ambiguità, perché appariva nello stesso tempo stupefacente e ovvia.
Chi
parlava era Orson Welles, in un'intervista che riguardava il suo
"Otello", film del 1952 interpretato da lui stesso, sicuramente una
delle più superbe traduzioni cinematografiche della tragedia shakespeariana.
Fino
a quel momento, pur ammirando questa tragedia per la formidabile tensione
drammatica, la sua struttura psicologica non mi convinceva. In primo luogo per
il comportamento di Otello, che si affida ciecamente alla testimonianza di Iago, un suo ufficiale, per condannare (e senza una giusta verifica) la fulgida
Desdemona, sua adorata moglie, e il valoroso Cassio, suo luogotenente. Ma anche
il comportamento di Iago mi lasciava perplesso: il suo odio non è suffragato
dai motivi dichiarati a Roderigo (il vago sospetto di una relazione tra sua
moglie Emilia e Otello, e l’invidia per la carriera di Cassio). Questi motivi,
appena accennati, paiono piuttosto pretestuosi: Iago di fatto non ha un valido
e sicuro e sofferto motivo di architettare la rovina di Otello, che gli ha
sempre dimostrato benevolenza. E per soprammercato Iago non si limita a colpire
Otello, ma ordisce una trama che implica la fine di altre due persone:
Desdemona (che muore) e Cassio (che sopravvive a stento).
Tutto
il dramma ruota intorno al concetto di "onestà": la finta onestà di
Iago, contrapposta alla profonda onestà di Otello, di Desdemona, di Cassio, che
cadono malaccortamente nella rete tessuta dalla malizia di Iago. Così, nella
valutazione dei personaggi di questa tragedia, viene spontaneo confrontare la
loro intelligenza. Per la cecità con cui Otello cade in questa rete, alla fine
appare un pazzo, come lo definisce Emilia: cioè uno sprovveduto, uno sciocco.
Mentre Iago viene guardato come un uomo di sottile, anche se perversa, sagacia.
Insomma, qui sembra che il quoziente intellettuale del male superi quello del
bene. D’altronde è molto frequente, quasi un cliché, la rappresentazione
"astuta" del malvagio, dotato di straordinarie abilità strategiche e
tattiche: tanto che comunemente si definisce "diabolica"
un'intelligenza sopraffina.
Ma
ecco che Orson Welles, quasi mi avesse letto nel pensiero, diede una soluzione
semplicissima ai miei dubbi. Disse a un di presso: Otello non considera neppure
l'ipotesi che Iago gli menta, perché nella sua profonda onestà non può
concepire che esistano persone simili, capaci delle più orribili azioni per il
puro desiderio di offendere, di nuocere, di annientare, di fare del male... Noi
pensiamo che personaggi come Iago si trovino solo a teatro o al cinema...
invece basta uscire di casa per incontrarne a dozzine!
Queste
parole mi colpirono profondamente (ero ancora giovane), proprio per la loro
sorprendente evidenza: “ah, verissimo!”, mi dissi. Anzi, terribilmente
ovvio. Questa brutta gente, di tale insensata malvagità, esiste, e ce n'è pure
tanta. Gente che agisce contro il prossimo neanche per un vantaggio (Iago
stesso farà una fine orribile, e certo avendolo messo in conto), ma per
l'insopprimibile bisogno di fare del male. E - attenzione! - non bisogna
confondere questa tendenza con il sadismo, che è una perversione più
onestamente dialettica. No, Iago non desidera tanto infliggere dolore per
un'istanza erotica o passionale, comunque pulsante e vitale. Anzi, l'assoluta
ripugnanza della sua azione deriva dalla totale mancanza di erotismo. Il suo è
un male sterile, atrocemente vacuo, di desolata imbecillità.
Vien
fatto di pensare all'apologo della rana e dello scorpione. Ripassiamolo con
l'ausilio di una canzone degli 883: "La rana e lo scorpione",
dell’album "Grazie mille" (1999).
Iago
agisce esattamente nello stesso modo: il desiderio di annientare è più forte
dello stesso istinto di sopravvivenza. Perché Iago-scorpione non ha una vera
esistenza, non combatte per la propria personalità, ma per il non-essere del
prossimo. Iago infatti non desidera realmente vendicarsi di Otello, di
Desdemona, di Cassio... Iago desidera l'annullamento dei valori positivi di cui
questi personaggi sono particolarmente dotati: magnanimità, bellezza,
intelligenza, energia, onestà. Iago è la quintessenza del male: la volontà di
negazione dei più pregiati e deliziosi valori umani. Iago è il traditore per
eccellenza, perché è il traditore delle virtù fondamentali: il perseguimento
del bene, della libertà,
dell'intelligenza, dell'affetto, della solidarietà... Iago è
l’avversario della civiltà.
Osservando
la sempre più trista, decadente e fallimentare indole di questo mondo, ripenso
spessissimo alla figura di Iago e alla terribile spiegazione di Orson Welles, e mi domando: perché gente di questa risma ha in mano le sorti del
pianeta?
Mi
è capitato alcuni giorni fa, iniziando a leggere un libello allegato a "Il
fatto quotidiano", intitolato "Marchionnemente", raccolta di
scritti di autori vari sull'inquietante vertenza della Fiat. L'introduzione di
Antonio Padellaro cita un passo di un saggio di successo, "Comandare con gentilezza"
di Baker e O'Malley (Aliberti editore 2011), che inizia così: "Negli anni
Ottanta Robert Nuslott, l'amministratore delegato della FMC di Chicago affermò:
«La leadership si manifesta nel momento in cui è confermata l'abilità di
infliggere dolore»" (appena letta questa frase non ho potuto fare a meno
di mormorare "ma vai a cagare, coglione!").
Purtroppo,
le recenti vicissitudini della politica e dell'economia (che surrettiziamente
si vanno identificando) avvalora la domanda precedente. I nuovi leader mondiali
lasciano ormai trapelare il loro delirio di onnipotenza, mostrandosi come
supremi burattinai, capaci di manipolare nazioni e popoli, con finti e fasulli
valori (possibile che la ricchezza del mondo finanziario sia assai più grande
di quella del mondo reale?). Sembrano molto intelligenti, sembrano degli
illuminati... Ma probabilmente sono solo abili illusionisti, che indulgono a
giocare con il mondo, come il Grande Dittatore di Chaplin, con la sua
tragicomica velleità:
Ma
forse sono pure peggio: sono un gruppo di squallidi Iago-scorpioni,
consciamente votati alla rovina del pianeta. Vale a dire la quintessenza della
stupidità.
Il
male infatti, contrariamente alla sua arguta apparenza, è essenzialmente
stupido. Per questo Dante, nell'ultimo canto dell'Inferno (XXXIV, 53-54),
dipingendo il trino volto di Satana, "lo 'mperador del doloroso
regno", vi fissa un'espressione di desolata imbecillità:
Con
sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava
'l pianto e sanguinosa bava.
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