mercoledì 30 maggio 2012

J'ACCUSE

Il caso della scuola materna Olga Rovere di Rignano Flaminio
Isabella Consoli


Che dramma struggente e che superbi personaggi.
Davanti le narrazioni di questi bambini,  di una bellezza così tragica, che la vicenda umana ci porta,  il mio cuore di scrittore sussulta di un’ammirazione appassionata. Nulla conosce di più alta solennità!
La mia intenzione non è di riaprire il “caso” Rignano Flaminio, è piangerne la chiusura, la sentenza di primo grado: tutti assolti.
La sentenza che ha strappato il sonno al giudice. D’allora non dormo più, ha confessato a La Repubblica. E bene gliene venga, bene ci venga, abbiamo in Italia un giudice che si conserva umano, dotato di ragione e sentimento, non ultimo l’onestà.
Le circostanze mi hanno permesso di visionare fino dal suo nascere la vicenda dell'Olga-Rovere e formulare un’opinione personale. Ma i personaggi, i bambini, le famiglie una due tre volte offesi e schiacciati dalla macchina della Giustizia appartengono all’umanità, appartengono a noi che leggiamo, a me che sono un passante. Quando i cavilli giudiziari, i verbali e il materiale tutto del processo “a porte chiuse” sono rimasti segreti, i bambini rimangono i nostri bambini, sacri come siamo sacri.
I figli degli uomini sono sacri, il sacro appartiene agli uomini, a me, uomo della strada e della penna!
Ho voluto avviare il mio intervento dalle parole di Emile Zola. Dal suo j’Accuse, che è  il mio j’accuse
Quel drame poignant
Puisqu’ils ont osé, j’oserai aussi, moi. La vérité, je la dirai, car j’ai promis de la dire, si la justice, régulièrement saisie, ne la faisait pas, pleine et entière. Mon devoir est de parler, je ne veux pas être complice. Mes nuits seraient hantées par le spectre de l’innocent qui expie là-bas, dans la plus affreuse des tortures, un crime qu’il n’a pas commis.

Se altri hanno osato, io oso. Dico la verità che ho promesso di dire. Quando la giustizia invariabilmente ricattata non lo sa fare, pienamente e doverosamente. Parlare è il mio dovere, non voglio essere un complice. Le mie notti sarebbero popolate dello spettro dell'innocente che espia là, ov'è la peggiore delle sevizie, un crimine che non ha commesso

Introducono la difesa di un ufficiale ebreo ingiustamente degradato e condannato alla deportazione a vita nell’Isola del Diavolo da un’opinione pubblica travolta da un’ondata di antisemitismo!

Ed è volontariamente che mi espongo. Quanto alle persone che accuso, non le conosco, non le ho mai viste, e non nutro contro di esse né rancore né odio. Per me sono soltanto entità e spiriti di malvagità sociale. E l’atto che compio oggi non è che un mezzo rivoluzionario per sollecitare l’esplosione della verità e della giustizia. Non ho che una passione, quella della chiarezza, in nome dell’umanità che ha tanto sofferto e che ha diritto ad essere felice

Sono le mie parole.

J'accuse, che introduce il potente intervento di Zola, l'indimenticabile grido d'amore per una democrazia in pericolo, è il mio.
J'accuse

Emile non si offenda se lo raccolgo e lo traduco nella vicenda che ne turberebbe lo spirito di scrittore e di uomo che la miseria desolante sollevò agli onori dell'arte, il suo uno sguardo capace di discendere a una a una le scale del sociale fino nel ventre di Parigi e riportare alla luce la sporcizia dei fondi, la rapacità dell’assenzio, l'alienazione morale e comportamentale inscritta ab aeterno nella miseria, nell’ingiustizia, nell'abbandono. Quando Proust sacrificava il suo genio all’alta società dei salotti dove il tempo immobile, da sempre incurante della vita del sottosuolo, Zola scendeva all’inferno, di tra gli avanzi della vita, gli scarti della Giustizia che condannava un innocente alla deportazione a vita nell’isola del diavolo, solo perchè un sal juif. Uno sporco ebreo, come tale sacrificabile.
Ignaro che di là a un secolo l’Europa, segnatamente l’Italia, avrebbero rubato il primato all’isola.
                                     La penisola del diavolo ch'è oggi l’Italia.


Zola mi incoraggia ad affrontare la battaglia a “Carte scoperte” in nome della verità. Almeno la verità. Posto che nel reale  i bambini, le loro famiglie e noi stessi che leggiamo, siamo offesi a morte dalla sentenza iniqua che liquida all’innocenza i colpevoli e alla libertà, quel feroce manipolo di maestre invasate. E loro complici. La nostra salvezza di uomini e donne è saperci convocati dalle leggi non scritte, le leggi del sacro, a proclamare il nostro non serviam, quali ne siano le conseguenze. Zola ne dovette pagare assai. Io pagherò le mie! Ognuno pagherà le sue, mai pagare il conto dell’indifferenza. Del cinismo. O come si diceva in anni ancor vivi che paion remoti, il qualunquismo
Non servire l’indifferenza.
Non adorare il vano.
E’ vero, quando l’inutile è teorizzato l’utile rincorrerlo cessa di essere inutile. E d’inutile, gli angeli sterminatori, Berlusconi alla testa, studiarono arricchire le masse progettate con bell’agio a loro immagine. Vezzeggiate del superfluo vivono oggi desolate le menti, pura esperienza dell’esserci la materia rapace. Severi, gli angeli della  politica le rimandano oggi ai bisogni primari insazie del vano, quando forzandole all’autismo schizoide della sopravvivenza, quando lanciandole all’inseguimento maniacale della “roba” che non conosce il riposo, trionfanti l’Indispensabile e l’Inutile, i custodi carcerieri il tracciato dello spirito dove germoglia l’anelito al senso.
Che la chiacchiera tardodemocratica, prodromo di una futura tirannia non può, non deve ridurre alla cifra del tre per cento.
In altre parole, o in parole povere, dico che ci stanno rincoglionendo ben bene. Ci sterilizzano l’interiore stringendolo a rincorrere i 30 euro che al supermercato comprano poco oltre il nulla! A piangere i mille euro mensili che non bastano nemmeno per le bollette! Non conosciamo ormai il valore delle cose, ma il loro prezzo.
   Contestualmente l’induzione alla rincorsa sfrenata dell’inutile griffato, del cellulare d’ultima generazione, la televisione, la Rete in ogni stanza, gli armadi pieni di stracci inutili, culi e tette tanto rifatti a peso d’oro quanto in offerta speciale al migliore acquirente. Signori, al mercato degli schiavi nessuno trova la forza di piangere l’ingiustizia, la crudeltà, l’insensatezza, a che servirebbe protestare quando in persona ci siamo messi in catene? Il cuore dello schiavo è un cuore che non c’è, ha perduto i connotati del soggetto, ormai l’aspetto dell’oggetto inanimato, disanimato!                                        
                               L’oggetto non aspetta più niente, meno di tutto la libertà.
  Siamo ancora dei soggetti, più o meno uomini e donne della catastrofe? Soggetti al sentimento, chissà  mai un ripescaggio nei fondi neri del senso che ci hanno tolto, il sentimento, l’onore e la pietà. Il valore della vita, la grazia che riduciamo alla cifra. Infine il cervello e quelle palle del mito italico, buone per la magliette della Ciccone, perfino la Mafia le patteggia..

   Di fronte i minuscoli della scuola materna Olga Rovere, le testimonianze che non colgono l’aggettivo, dico allora le testimonianze semplici, piccole, struggenti. Vere. Sfido chiunque a rinnegarle, chè non esiste al mondo conoscenza scientifica, valentia interpretativa o qualsiavoglia carismatica lettura dell’anima capace di arrogarsi il diritto di negare l’autenticità della parola di questi figli d’Italia, ridotti a cencio come l’Italia.
Ora si potrebbe ribattere non esista carismatica lettura in grado di affermarne la schiettezza.
Eccezione tecnicamente corretta, ma bene la correttezza dell’osservazione costringe la ragione a non dare per scontata l’innocenza delle demoniche di Rignano e compagni di merenda. La stringe a non affidare la prima e l’ultima parola alla bagarre di analisti, medici, avvocati periti, più meno valenti, più o meno onesti, chi può dirlo, li conosciamo noi? Ne conosciamo il parterre umano e professionale? La competenza, lo spirito? Son essi dei santi discesi sulla terra in forma di pioggia d’oro, la cui parola sacra e inviolabile porta l’imprimatur celeste? La razza degli avvocati difensori dei criminali! Fianco illanguidito della giustizia, osceno, digerente il peggio, pieno di cupo denaro. Razza di troppo.
Mi azzardo ad asserire, non lo credo affatto. Tolti i difensori il cui onore ha il valore dello zero, gli analisti e gli “esperti” sono dei difettosi in cammino, “animali non ancora stabilizzati” insegna Nietzsche. Chi era questo Nietzsche? Un instabile, sufficientemente fuori regime per scorgere da una prospettiva alternativa le verità nascoste dai recinti del potere. Uno come noi. Della strada e della penna. E che penna! Qualche competenza in più, qualche competenza  in meno, per le strade del mondo camminano pur sempre filosofi senza le scarpe firmate, anche se a me piacciono tanto.  Nondimeno, tolte le scarpe di lusso riesco a sollevarmi al di sopra delle verità nascoste e le so vedere fiorire e sfiorire senza le lenti da miope. Questo per dire che  non siamo tutti imbecilli, nemmeno io che mi inoltro nel caso Rignano e mi permetto di dire valente come e più dei prescelti periti.
L’importante che a “perire” noi sia la verità, la quale mi permetto di anteporre alla giustizia, questa mi uscì di bocca or sono due anni, all'apertura del processo
Oggi la verità è perita, come dire uccisa dagli esperti. Avvocati, analisti di parte e tutta la pletora maleodorante che muove i processi e li manda regolarmente al diavolo, appunto.
Non mi soffermo sulle testimonianze dei piccoli di cui il link a chiusura dello scritto, si trova quaggiù, aperto alla lettura. Non hanno bisogno della mia esperta interpretazione, bastano a loro stesse, si spiegano da sole. Mi soffermo sui di noi che leggiamo. Mi soffermo e accuso coloro che le hanno lette e non hanno gridato allo scandalo e non lo fanno ancora a sentenza avvenuta, il terremoto i maremoti politici le alte disserazioni sul signoraggio e l’effetto revolution (a chiacchiere italiche) sempre negli occhi e negli spiriti battaglieri. Levata di scudi del niente totale.
Accuso gli intellettuali, ce ne sono ancora? Io. Ma oltre me.. qualcuno in Italia deve pure esserci, nascosto da qualche parte a sinistra o a destra dell’Euro la televisione la politica. La satira lo sbrodolo alla Litizzetto-Crozza che a me, francamente mette nausea. Intellettuali similoro che accuso di non avere levato la loro parola in difesa di questi bambini. Una sola delle loro grandi, splendide, immortali parole!

Il nome della rosa sfiorita

Accuso i signori conduttori nazionalpopolari, gli anchorcervelli tradotti  gli ancòra che palle, soliti tre o quattro sfigati cialtroni di Ruby e ruberie. Monti e ruberie, Bossi e ruberie, Rutelli e ruberie, Bersani e ruberie, Falcone e lacrima,  cuori prometeici incatenati alla roccia dell’ipocrisia, miti di regime, chissenefrega se si svuotano le interiora ignoranti davanti le telecamere della seconda serata o la prima, tanto ricresce loro tutte le mattine. Ignorano la vicenda dell'Olga Rovere, i “casi” Cogne Garlasco Avetrana in Parolisi ottengono la fanfara, prima durante dopo i processi. All’ossessione, al rincoglionimento affatto Sottile.  Dalla punta del piede di Sarah bambina al pisello mediatico di Parolisi, versano i media a fiotti il Borgona d’annata. Rignano Falminio non merita il suo brindisi mediatico
Accuso il nostro padre della patria il quale ama pascersi di sangue umano,  ma con quale severa sobrietà, lo accuso di non avere tuonato in difesa delle giovani vite la cui dignità lesa in una pubblica scuola materna d’Italia di cui egli è il primo servitore e il primo controllore, non avere incontrato le loro famiglie odiosamente accusate di avere montato il caso con trista arte. Perché, mi domando!  Cui prodest? A chi giova?
Accuso le semisvestite parlatrici televisive, le quali assimilano così bene la loro sapienza alla profondità delle loro scollature che sentono tutta l’impossibilità di svestirsi pubblicamente senza dire la loro! Le accuso di essersi coperte di pudore alla bisogna, in quei salotti dove i loro interventi pagati in cifre paiono oggidì indispensabili per rubacchiare a destra e a sinistra manciate di audience.
Infine accuso noi, di non correre davanti a quel tribunale a tirare calci nel didietro alla Giustizia è uguale per tutti, a offrire una manciata di solidarietà, di coraggio di cui hanno bisogno le famiglie
per affrontare il nuovo dolore che inevitabilmente il processo d’appello prepara, la pietanza dei controinterrogatori dei collegi di difesa che non esiteranno usare tutti le spezie a disposizione per coprire, inacidire, pungere i sentimenti loro! Accuso noi di non fare petizioni, raccogliere firme, comporre striscioni che facciano sentire meno sole quelle famiglie già tanto provate.
Voglio ricordare il padre di Pia Rontini, solo nella sua disperata ricerca della verità. La figlia massacrata dal mostro di Firenze rimasta per troppo tempo, forse per sempre senza giustizia! Unico, un tenace commissario, anch’egli solo nel suo cammino, percorse tutte le fasi dello psicodramma  al fianco del padre di Pia. Non bastò a ridargli la vita, Rontini morì di infarto ancor giovane, mentre giovani signore scrivevano lettere di encomio e di solidarietà al Pacciani!  Le quali hanno avuto la fortuna di non incontrare per la loro strada, fortuna a cui Pia non ha avuto diritto!
E i bambini di Rignano. Le cui maestre, ci auguriamo, non ricevano le medesime lettere di solidarietà e di encomio spedite al Pacciani di cui, mi permetto dire, sono invero pregiate discepole!
Ma non hanno ammazzato nessuno le povere maestre, mi si potrebbe dire! L’anima, lo spirito, la psiche, la dignità di una persona valgono meno del corpo? Sembra di sì, a giudicare gli Italiani. Ma ai pochi che restano Italiani di onore domando, vi siete lette le testimonianze dei bambini, pensate voi che qualcuno possa risorgere dalla tragedia?  Senza una vera e propria sospensione delle leggi naturali. Si chiama miracolo.
Non è un crimine peggiore della morte?
A chi hanno immolato le loro piccole vittime le materne signore?
A chi offrivano i capelli che tagliavano loro e si mangiavano con piacere, (rituale magico per chi ne sia al corrente, per chi non lo sia lo dice la demonologia, basta rivolgersi alle edizioni Adelphi e Mediterranee per scorpirlo da soli e con facilità). A chi offrivano l’incendio delle croci, le frasi Gesù è il vero cattivo.. a chi le offrivano? Naturalmente i bambini di tre o quattro anni hanno inventato tutto di sana pianta, è risaputo che i bambini abbiano confidenza con i rituali della magia nera. Così le loro famiglie, costrette a lavorare dalla mattina alla sera per tenere testa all’Euro e le cartelle Equitalia abbiano trovato il tempo e la fantasia di istruire i figli su taluni argomenti al fine di infamare le maestre. Per ottenere che? Ci si domanda. Denaro? Fama? Potere? O dolore irrisione indifferenza?
Chi suggeriva l’istigazione all'odio tra bambino e bambino, l'odio verso la famiglia, l'induzione alla menzogna, al nascondimento, la finzione. Infine il disprezzo del bello, il pulito, il mondo, nei due significati del termine mondo, pianeta e pulizia.
Infine le azioni sessuali contro i piccoli, indotte tra i piccoli, azioni consumate ai danni dei soggetti non solo con il corpo, ma anche mediante oggetti di varia natura,  ma si anche le banane, o le biro, o qualche giocattolino.  Il corollario inevitabile e simbolico a quanto detto sopra, nel senso dell'assoggettamento psicofisico, psicospirituale a un potere inarrestabile, da subire senza fiatare, senza discutere, da amare come fonte di bene, bello e di piacere, nonché desiderare via più ardentemente. Fino a non poterne fare a meno. Tant'è i bambini a casa ripetono e ricercano quegli atti, ormai ritradotti dall'inconscio come ricerca del senso!
Naturalmente sono stati i genitori a comporre il pacchetto regalo ai danni dei figli! Salta agli occhi! Li imbottivano di tranquillanti, qualche spruzzata di coca, li penetravano con le matite, le banane, o porcherie di sorta, li portavano nottetempo nelle case degli orrori a bruciare croci, a godere di infilarli nella spazzatura per ore per poi lavarli nell’acqua sporca in vasche immonde dove non farei lavare il mio cane. E che, n’avevano proprio altro da fare nella vita? E la mattina dopo, freschi come le rose, tutti ripuliti e ben vestiti accompagnavano i loro figli all’asilo, presso le maestre buone che mai si accorsero del dolore, dell’abbruttimento, del “sonno” celato dietro quei volti “verdi”, sotto le treccine. Competenti, le maestre. Non è che dire. Grazie, ministero della pubblica istruzione, di tale e tanta competenza sparsa a piene mani per le scuole d’Italia. Di che andarne fieri.
Ma a chi la vogliamo raccontare la storiella dei genitori cattivi? I quali si sono premurati di portare i figli da medici e terapeuti per denunciare i rossori vaginali, gli atteggiamenti incongrui dei loro figli, la spossatezza, gli atti violenti, negatori, e tanto altro che inutile ridire per la centesima volta! Ma, per autoaccusarsi, è ovvio! Aggiungiamo che i suddetti medici non hanno capito un cavolo, esperti come e più delle maestre hanno ignorato eventuali cause remote, non si sono curati di indagare a fondo la vicende degli arrossamenti cutanei, dei bruciori, non si sono curati di intervistare i bambini con decente sollecitudine, chi se ne frega, il medico faccia il medico, butti giù due ricette e avanti il prossimo!
Da quali dottorati fuoriesce questa razza di missionari dell’educazione e del benessere?
Ignoranza e malvagità sono parenti stretti! Poniamoci allora la domanda, che senso abbia avuto fare quello che è stato fatto a questi piccoli, che senso abbia infierire sui bambini in età prescolare, con il rischio che comporta di essere veduti, “sgamati” come si dice, da qualche persona onesta che doveva pur esserci in quella maledetta scuola materna! Non dico la preside, che Doveva sapere e non si scappa! Non provasse a dire “io non so niente” sennò le sputo in faccia mentre le ricordo che un preside è eletto con il proposito di monitorare, dirigere controllare che tutto in una scuola proceda come deve procedere. E se la spettabilissima signora Preside dormiva mentre i bambini venivano portati chissà dove per ore e ore, non merita di meglio che un poderoso calcio nel didietro e via dall’insegnamento senza liquidazione!
Siccome neanche un cretino io penso disposto a credere la Preside ignara di “tutt’e cose” ritorna pressante la domanda, quale il senso di coprire durante, infine negare dopo, i crimini?
A chi offrivano le maestre, le bidelle, la preside l’anima strappata a questi bambini? al non senso? alle pruderie di questa o quella “viziosa”?
A chi offriva Pacciani le escissioni?
Ci sarebbe tanto da ragionare se soltanto ne avessimo il coraggio!
Termino con le parole di Zola rivolte all’allora presidente della Repubblica, le faccio mie, se bene fané, diciamole demodé, le rivolgo al capo del governo che di vizzo se ne intende, certa che le coglierà pienamente “Sobrio, ho soltanto una passione, quella della luce. La mia protesta infiammata non è che il grido della mia anima”
A chi mi accusa di visionarietà, rispondo che la Giustizia prende confidenza con i visionari meglio che con i ragionevoli, parola di Borsellino.
Alla festa delle felicemente assolte, in attesa delle motivazioni della sentenza che non tarderanno a venire,  non mi rimane che recapitare la mia Rosa Nera  e l’augurio di finire dove tutto è cominciato. La legge del contrappasso vale per chiunque, chi spedì al rogo Giovanna la guerriera di Francia, tra parentesi si chiamava Maiale il poveretto.. spirò nei fondi neri di una strada qualunque una qualunque notte della sua vita qualunque. La mascella di chi annunciò la ghigliottina a migliaia di persone venne distrutta da un proiettile, prima del volo della testa nel cesto lurido di sangue il giorno dopo la spaventosa agonia. Per fortuna da qualche parte dell’Universo si muove un giustiza non scritta che provvede presto o tardi a ripulire il mondo della spazzatura.

Al Giudice che dal dì della sentenza non dorme più, una stretta di mano.




I racconti dei bambini di Rignano di cui il link:
http://lgiustizieredegliangeli.wordpress.com/2009/10/23/i-racconti-dei-bambini-di-rignano-flaminio/


sabato 26 maggio 2012

Scatti interiori a Ninfa

 di Stefano Perni


L'uomo lascia un'impronta marcata nel suo habitat: s'impone sulla natura, snaturando... Superficiale architettura mentale sull'essere. Inconsapevole di rappresentare una parentesi... rientrerà a farne parte: perché la natura grida dentro di lui...


 Uno scatto è lo sguardo interiore di un uomo che racconta un mondo fuori ed uno dentro di lui...









La pace a monte
(Sermoneta - LT)



















Stelle marine
(Sermoneta - LT)




















Chiuso in sé stesso
(Sermoneta - LT)


















Cactus alla finestra
(Sermoneta - LT)




















La bellezza nella decadenza
(Sermoneta - LT)



















Belva
(Sermoneta - LT)





















Amore
(Sermoneta - LT) 




  















Connubio floreale 
(Sermoneta - LT)






















Il danno nell'uomo 
(Sermoneta - LT)






















Il guardiano delle cose interiori 
(Sermoneta - LT)



















Sbirciando un'anima 
(Sermoneta - LT)




















Il posto dell'amore 
(Sermoneta - LT)



















E allora? (miao!)
(Sermoneta - LT)



















La porta nella porta nel tempo... 
(Sermoneta - LT)



















In balia del destino 
(Ninfa - LT)



















Ingresso sul nulla 
(Sermoneta - LT)



















Costruzioni tra le nuvole 
(Ninfa - LT)


















Schiera di pensieri 
(Ninfa - LT)



















Monet 
(Ninfa - LT)


















Lo sguardo delle foglie 
(Ninfa - LT)








 








Peso nell'anima 
(Ninfa - LT)


















Riflessioni 
(Ninfa - LT)

















Ferita aperta 
(Ninfa - LT)




















Prigione naturale
(Ninfa - LT)


















Solitudine operaia 
(Ninfa - LT)



















Riconquista
(Ninfa - LT)














 




Candida visuale
(Ninfa - LT)


















Percorsi artificiali 
(Ninfa - LT)





















Movimenti statici 
(Ninfa - LT)





















Imbrattato di te 
(Ninfa - LT)




















Tendina floreale
(Ninfa - LT)




















Volo sul castello 
(Ninfa - LT)





 











Tutto quello che ho
(Ninfa - LT)









 E alla fine la sensazione di essere dentro ogni cosa...

sabato 19 maggio 2012

CALENDIMAGGIO 2012

Assisi bella saluta la Primavera


Dall'elganti invenzioni dell'Ars Nova, e armonie festose e gioiosi canti, usa Assisi, la città della nobilissima Chiara e il magnifico Francesco, i due aggettivi delle due fazioni in contesa, la nobilissima Parte de Sopra ove ebbe casa la bionda Chiara, e la Parte de Sotto sede della casa e i negozi del patrono d'Italia, il magnifico Francesco, suole adornarsi la città di musiche e colori e giovinezza in fiore e cortei trionfanti a salutare la vita ritornata, la Primavera, la stagione delle promesse vitalissime, i profumi, gli amori, gli abbondanti raccolti. La vita. E anno via anno, secolo dopo secolo giunge il Calendimaggio del confuso anno 2012. Giunge ancora a dispetto la tragedia d'Occidente, la caduta dei suoi valori più sacri, l'abbandono della sua difesa. Giunge a ricordare il Calendimaggio la forza un poco infantile un poco disordinata di riaffermare la luce sulla tenebra, la vita sulla non vita, il senso sul non senso, la semplicità della bellezza, sulla complicata e insensata produzione del nulla. Impoveriti, confusi, direi smarriti gli uomini e le donne d'Italia ancora possono ricordare che nella tradizione, nelle radici latino-cristiane della nostra cultura risiede la salvezza del nostro popolo offeso da una classe politica trista, ignobile, insensata, vuota, venduta, meglio svenduta a padroni invisibili quanto mortiferi.
E' una festa, certamente, come ogni festa ha un termine, come ogni cosa ha un termine, ma simbolica della voglia di custodire, non lasciare sfiorire Italia nostra bellissima, generosa, vitale, artista, unica al mondo. 
Auguri Italia, Coraggio Italia, Vivi Italia, Risorgi Italia. Stringiti al tuo Santo Patrono, l'uomo dell'Amore perfetto, l'uomo della Natura, delle Arie fresche, dei Cieli inviolati, della Carità, dell'Umiltà, della Gioia, della Musica, della Poesia, Francesco cantore, compositore, poeta..chi sono Napolitano, Monti, Berlusconi, Bossi i Banchieri se non i tristi, i morti al suo confronto? Non stringiamoci a costoro, ma a chi amò il nostro paese e lo fece immortale, Dante, Michelangelo, Leonardo, Pirandello, Deledda, Verga, Fermi, Pasolini, Brancati, Sciscia, Francesco d'Assisi..
Piersanti MattarellaGiovanniLosardoGaetanoCostaSebastianoBosioPiolaTorreCarloAlbertodallaChiesa
GiangiacomoMontaltoBrunoCacciaGiuseppeFavaNinniCassaràAntonioScoppellitiLiberoGrassi
GiovanniFalconeFrancescaMorvilloRoccoDicilioVitoSchifaniAnotnioMontinaroEmanuelaLoiPaoloBorsellino
                              perdonate la retorica lettori. Ma quando ci vuole..ci vuole














                                                                  Mia figlia



Calendimaggio

In basso, nel giardino chiuso, molle
sul capo del biancospino, apparenza
dell’onda nella rete di arie in quiete,
a pena a pena odora l'infuso di Maggio.
La luce diffonde dal chiaroscuro   
una quale vivezza venata di ambra. 
Viene dall’erba o la fronda del faggio
un sapor piano di muschio dolceagro.
Tace il cielo, sulle velature sparse
ancora la brina s’alcova alle frange
brumastre. Le cesure del vento
ansano larghe le cadenze di brezza
senza colore tra l’accordo d’insetti 
viandanti sulle ciocche violastre, 
sui lumi raggianti della ginestra.
La vicenda dell’ora sorge, immensa. 
Una tardo discorso sparge di pace
sopra i silenziosi risvegli, i travagli
in sopore nei letti erbosi, gli sbadigli
dell’ombra. Uno stretto istante ancora,
ed è subito giorno. Lascia andare la vela 
nel sole in levare alla torre di Piazza
che ospita le rondini in canto. Intanto
nella selva dei capillari di marmo
le adolescenti Primavere intrescano
linguaggi di fiori tra le frescure, la veste
di bianco cadente ai piedi, l’acconciature,
oppressa la fronte dei coni velati, i rulli. 
Ridono astratte. Gli sbandieratori furiosi
battono l’aste sui ginocchi esasperati. 
Ribattono, battono ancora. E’ l’ora?
Annuncia l’orologio della Torre antica
il ritardo del tempo. Risponde, previsto 
lo scontento. Il corteo è lontano, da Sopra
venga o da Sotto, le due fazioni in contesa,
ritarda il serpente di colore duecentesco 
aperto dal nitore delle bambine gardenie.
Ondeggia nei vicoli stretti, ma non parte. 
I tamburini tengono lo schianto. Fermano
l’asta gli sbandieratori, l’arma i balestrieri. 
Nello spazio, il silenzio si carica d’attesa
aggrappa ai pannaggi di pietra, truccata
d’Amaranti, di fondi Celesti. I due colori
ricchi e trionfanti delle contrade nemiche.
Mi volgo al passo dell’ora negli argomenti
della folla, sogguardo l’ansia delle genti. 
Le guardo curare il battere dei percussori
che infine colpisce a sangue il meriggio. 
L’istante concitato è in arrivo, lo aspetto.
Ignoro il fermo del tempo, come il merlo 
ignora l’apertura dell’ala. Greve la pausa
ma è  la musica del tacere, il ripensamento
maestoso che induce lontano dai chiassi
morbosi dell’aria inferiore, vuoto divino.
Della piazza, dove il tacere contempla
l’ora crescente che fugge, la geometria
del ragno cuce il raggio di tramontana
che solleva gli schiocchi degli stendardi, 
sparge rintocchi di voci infruscate nei vicoli. 
I colpi secchi dei tacchi. Il sindaco appare.  
furiosamente l’oooh, largo corona la loggia 
d’una eco affannosa, tra l’abbagli policromi 
delle bandiere, plana intorno all’uomo
vestito di nero, che piega il capo al saluto
d’inumerabili attese puntate a lui verso.
Il gesto curiale nel vuoto proclama ideale
uno zero intorno il bandolo della festa.
Rappreso sulle mura di aria, controverso
rimane il verso del segno, ne gira la testa.
T’ignori. Dice. Rispondo, è vero, mi ignoro. 
Sono un merlo. Prendi l’attesa, ti rassomiglia. 
L’istante pregiato che non sorviene sei tu. 
Esiliato nell’ansia del tempo, ti scordi di vivere,
trascini avanti il ritardo del corteo del nulla.
Ora è il tempo che chi non è più rivorrebbe. 
Un altro viene il tempo quando i tuoi occhi 
ormai non sono che vuota e imbelle memoria. 
Quando nel preludio di un'altra fuga i vivi
nuovi vedranno il nuovo rubato del vento
sulla pietra scorticata dal passato. Frescata
d’un novello sole, vedranno posare il raggio.
Quando alle giovani rondini, i continui
celestiali suggeriranno la nona più rara.
Quando, messaggera squillante la gara,
il Piore aprirà l'antica lettura del bando:
Madonne Messeri, saluto le Calendimaggio


Isabella Consoli