sabato 19 maggio 2012

CALENDIMAGGIO 2012

Assisi bella saluta la Primavera


Dall'elganti invenzioni dell'Ars Nova, e armonie festose e gioiosi canti, usa Assisi, la città della nobilissima Chiara e il magnifico Francesco, i due aggettivi delle due fazioni in contesa, la nobilissima Parte de Sopra ove ebbe casa la bionda Chiara, e la Parte de Sotto sede della casa e i negozi del patrono d'Italia, il magnifico Francesco, suole adornarsi la città di musiche e colori e giovinezza in fiore e cortei trionfanti a salutare la vita ritornata, la Primavera, la stagione delle promesse vitalissime, i profumi, gli amori, gli abbondanti raccolti. La vita. E anno via anno, secolo dopo secolo giunge il Calendimaggio del confuso anno 2012. Giunge ancora a dispetto la tragedia d'Occidente, la caduta dei suoi valori più sacri, l'abbandono della sua difesa. Giunge a ricordare il Calendimaggio la forza un poco infantile un poco disordinata di riaffermare la luce sulla tenebra, la vita sulla non vita, il senso sul non senso, la semplicità della bellezza, sulla complicata e insensata produzione del nulla. Impoveriti, confusi, direi smarriti gli uomini e le donne d'Italia ancora possono ricordare che nella tradizione, nelle radici latino-cristiane della nostra cultura risiede la salvezza del nostro popolo offeso da una classe politica trista, ignobile, insensata, vuota, venduta, meglio svenduta a padroni invisibili quanto mortiferi.
E' una festa, certamente, come ogni festa ha un termine, come ogni cosa ha un termine, ma simbolica della voglia di custodire, non lasciare sfiorire Italia nostra bellissima, generosa, vitale, artista, unica al mondo. 
Auguri Italia, Coraggio Italia, Vivi Italia, Risorgi Italia. Stringiti al tuo Santo Patrono, l'uomo dell'Amore perfetto, l'uomo della Natura, delle Arie fresche, dei Cieli inviolati, della Carità, dell'Umiltà, della Gioia, della Musica, della Poesia, Francesco cantore, compositore, poeta..chi sono Napolitano, Monti, Berlusconi, Bossi i Banchieri se non i tristi, i morti al suo confronto? Non stringiamoci a costoro, ma a chi amò il nostro paese e lo fece immortale, Dante, Michelangelo, Leonardo, Pirandello, Deledda, Verga, Fermi, Pasolini, Brancati, Sciscia, Francesco d'Assisi..
Piersanti MattarellaGiovanniLosardoGaetanoCostaSebastianoBosioPiolaTorreCarloAlbertodallaChiesa
GiangiacomoMontaltoBrunoCacciaGiuseppeFavaNinniCassaràAntonioScoppellitiLiberoGrassi
GiovanniFalconeFrancescaMorvilloRoccoDicilioVitoSchifaniAnotnioMontinaroEmanuelaLoiPaoloBorsellino
                              perdonate la retorica lettori. Ma quando ci vuole..ci vuole














                                                                  Mia figlia



Calendimaggio

In basso, nel giardino chiuso, molle
sul capo del biancospino, apparenza
dell’onda nella rete di arie in quiete,
a pena a pena odora l'infuso di Maggio.
La luce diffonde dal chiaroscuro   
una quale vivezza venata di ambra. 
Viene dall’erba o la fronda del faggio
un sapor piano di muschio dolceagro.
Tace il cielo, sulle velature sparse
ancora la brina s’alcova alle frange
brumastre. Le cesure del vento
ansano larghe le cadenze di brezza
senza colore tra l’accordo d’insetti 
viandanti sulle ciocche violastre, 
sui lumi raggianti della ginestra.
La vicenda dell’ora sorge, immensa. 
Una tardo discorso sparge di pace
sopra i silenziosi risvegli, i travagli
in sopore nei letti erbosi, gli sbadigli
dell’ombra. Uno stretto istante ancora,
ed è subito giorno. Lascia andare la vela 
nel sole in levare alla torre di Piazza
che ospita le rondini in canto. Intanto
nella selva dei capillari di marmo
le adolescenti Primavere intrescano
linguaggi di fiori tra le frescure, la veste
di bianco cadente ai piedi, l’acconciature,
oppressa la fronte dei coni velati, i rulli. 
Ridono astratte. Gli sbandieratori furiosi
battono l’aste sui ginocchi esasperati. 
Ribattono, battono ancora. E’ l’ora?
Annuncia l’orologio della Torre antica
il ritardo del tempo. Risponde, previsto 
lo scontento. Il corteo è lontano, da Sopra
venga o da Sotto, le due fazioni in contesa,
ritarda il serpente di colore duecentesco 
aperto dal nitore delle bambine gardenie.
Ondeggia nei vicoli stretti, ma non parte. 
I tamburini tengono lo schianto. Fermano
l’asta gli sbandieratori, l’arma i balestrieri. 
Nello spazio, il silenzio si carica d’attesa
aggrappa ai pannaggi di pietra, truccata
d’Amaranti, di fondi Celesti. I due colori
ricchi e trionfanti delle contrade nemiche.
Mi volgo al passo dell’ora negli argomenti
della folla, sogguardo l’ansia delle genti. 
Le guardo curare il battere dei percussori
che infine colpisce a sangue il meriggio. 
L’istante concitato è in arrivo, lo aspetto.
Ignoro il fermo del tempo, come il merlo 
ignora l’apertura dell’ala. Greve la pausa
ma è  la musica del tacere, il ripensamento
maestoso che induce lontano dai chiassi
morbosi dell’aria inferiore, vuoto divino.
Della piazza, dove il tacere contempla
l’ora crescente che fugge, la geometria
del ragno cuce il raggio di tramontana
che solleva gli schiocchi degli stendardi, 
sparge rintocchi di voci infruscate nei vicoli. 
I colpi secchi dei tacchi. Il sindaco appare.  
furiosamente l’oooh, largo corona la loggia 
d’una eco affannosa, tra l’abbagli policromi 
delle bandiere, plana intorno all’uomo
vestito di nero, che piega il capo al saluto
d’inumerabili attese puntate a lui verso.
Il gesto curiale nel vuoto proclama ideale
uno zero intorno il bandolo della festa.
Rappreso sulle mura di aria, controverso
rimane il verso del segno, ne gira la testa.
T’ignori. Dice. Rispondo, è vero, mi ignoro. 
Sono un merlo. Prendi l’attesa, ti rassomiglia. 
L’istante pregiato che non sorviene sei tu. 
Esiliato nell’ansia del tempo, ti scordi di vivere,
trascini avanti il ritardo del corteo del nulla.
Ora è il tempo che chi non è più rivorrebbe. 
Un altro viene il tempo quando i tuoi occhi 
ormai non sono che vuota e imbelle memoria. 
Quando nel preludio di un'altra fuga i vivi
nuovi vedranno il nuovo rubato del vento
sulla pietra scorticata dal passato. Frescata
d’un novello sole, vedranno posare il raggio.
Quando alle giovani rondini, i continui
celestiali suggeriranno la nona più rara.
Quando, messaggera squillante la gara,
il Piore aprirà l'antica lettura del bando:
Madonne Messeri, saluto le Calendimaggio


Isabella Consoli



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