di Stefano Perni
RiformaMentis: così assorbiti da noi e dai nostri giocattoli, ci
dimentichiamo di guardare le stelle...
Visitiamo un luogo e, nella maggior parte dei casi,
andiamo a vedere delle città: umane architetture, umane chiese, la loro umana
storia. Andiamo ad ammirare umani dipinti, sculture, composizioni. Scattiamo
fotografie digitali, rispondiamo al telefonino, ci mettiamo al computer
portatile nel nostro peregrinare, spostandoci con automobili climatizzate o con
l'ultimo più veloce treno: umani giocattoli che utilizziamo nell'umana città
abitata da esseri che tengono al guinzaglio altri esseri. Siamo così presi a
guardarci allo specchio, così catturati nel guardare quanto siamo bravi da
percepirci soli, fino a non vedere quello che c'è
intorno, o quel che ne resta...
Narciso, vedutosi riflesso in uno specchio
d'acqua, si innamorò di quell'immagine di uomo fino a morirne: eppure avrebbe dovuto vedere solo dell'acqua…
La realtà è interpretata dall'uomo attraverso una
sua visione antropocentrica che si allontana come una retta divergente da
quella naturale.
L'uomo non vuole accettare o vuole dimenticare di
essere una specie animale come qualsiasi altra su questo pianeta e si racconta
tutt'altro. Lui fa distinzione tra sé e ogni altra creatura vivente ritenuta
inferiore, tra sé e l'ambiente in cui vive. Crea un suo ecosistema fatto oggi
per lo più di cemento e metallo: oramai poco importa se è impiantato sulla
terra o sulla luna, purché possa essere replicato con i suoi comfort.
Il mondo è plasmato secondo il suo pensiero e
sottomesso ai suoi bisogni: la naturalità del suo istinto è ormai limitata al
bisogno di possedere beni e guadagnare prestigio al solo scopo di dominare.
L'estraneamento dal resto del pianeta, a
vantaggio di ambienti in cattività dove prospera, non gli ha più permesso, nel
corso delle generazioni, di relazionarsi con l'ambiente circostante, finendo
per sottostimarlo, dimenticarlo. L'uomo ha finito per vedere e sentire solo se
stesso: il risultato è lo squilibrio nei confronti degli ecosistemi
circostanti.
La visione umana della realtà risulta distorta e
di conseguenza distorte sono le sue azioni.
L'uomo tende a conquistare, nel suo gruppo, una
posizione dominante. Quando le risorse mentali, nell'arco della sua evoluzione,
glielo hanno consentito, le ha utilizzate in maniera prioritaria per
controllare i suoi simili attraverso il dominio di istituzioni quali le
religioni, le comunità, gli stati, creati dall'uomo stesso per soddisfare
l'esigenza di regolare i rapporti sociali e di condotta etica all'interno del
suo clan.
Un gruppo ha soppresso l'altro: il Sapiens il meno
attrezzato Neanderthal;
un paese un altro paese; una religione un'altra religione, fino ad arrivare ad
una élite che governasse su di una maggioranza assoggettata.
L'evoluzione dell'uomo, sfociata in sovrastrutture
e logiche di potere, si è rivelata di fatto la sua involuzione:
L'uomo ha creato, l'uomo ha plasmato, ma non ha
mai avuto, ne ha, le risorse mentali per autogestirsi: il passaggio da facente
parte della catena alimentare, a padrone incontrastato al di sopra di essa, non
è mai stato coadiuvato da un cambiamento adeguato di mentalità e così le
acquisite capacità sono state per lui un'arma a doppio taglio: un'arma in mano
ad un bambino.
Il bambino trovandosi a gestire una situazione
più grande di lui finisce per fare dei danni:
Sfruttamento incontrollato delle risorse;
squilibrio all'interno delle società umane della distribuzione delle risorse
stesse; distruzione di svariati ecosistemi e di altre specie animali;
inquinamento. Fino ad arrivare a condizionare il clima al livello planetario.
L'uomo ha perso il contatto con la natura di cui
fa parte, sentendosi altro: il risultato è che non è più stato in grado di
stabilire un equilibrio e un dialogo con essa e con se stesso, finendo per
perdere il controllo, imboccando la strada per l'autodistruzione. Quello che
egli chiama civiltà e modernità, altro non è che l'apice di un degrado che lo
rende sempre più estraneo al contesto.
La natura ha una soluzione semplice e radicale
per i fallimenti degli sviluppi delle sue forme biologiche: l'estinzione. Così
è accaduto anche in passato per specie che hanno dominato e totalizzato il
pianeta quali i dinosauri: così accadrà ancora per chi non sarà capace di
correggere il proprio percorso evolutivo.
Pasolini ha sempre avuto una lucida visione della
parabola del cammino umano. Egli riteneva che l'evoluzione dell'uomo moderno,
nell'era del consumismo, delle grandi asettiche metropoli standardizzate,
dovesse necessariamente implodere nel ritorno ad una vita contadina: in
sostanza aveva intuito la necessità di un ritorno al contatto con la natura e a
delle strutture sociali più semplici ma vere e soprattutto più identitarie.
Il maggior successo dell'homo sapiens
sapiens va ricercato nel suo passato e deve tornare a far parte del suo
futuro, se vuole averne uno.
L'uomo deve necessariamente ripensare se stesso
anche sacrificando l'agiatezza acquisita. Deve riappropriarsi della visione del
"sé nel tutto", abbandonare l'istinto di dominio e far sua
quell'umiltà che oggi non gli appartiene. L'alternativa è il proseguio di un'involuzione
che lo rende sempre meno appartenente al mondo animale e sempre più simile a un virus
per un pianeta che ha pronto il suo vaccino.
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